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Cop27. Far fronte alle perdite e ai danni dovuti al cambiamento climatico

La COP27 di Sharm El-Sheik è in pieno svolgimento. Iniziata domenica 6 novembre, nella sua giornata inaugurale, continuerà incessante fino a venerdì 19. Potrebbero però essere necessari i tempi supplementari per arrivare ad una conclusione, come accaduto lo scorso anno a Glasgow. Staremo a vedere.

In queste due settimane, i delegati dei 193 paesi che compongono la COP si confronteranno su un’agenda fitta di speranze e ambizioni. La lista dei temi che saranno al centro del confronto è stata definita all’alba del primo giorno e da quel momento alcune parole chiave riempiono le cronache e si sente forte la loro eco negli immensi padiglioni del centro congressi scelto dalla presidenza egiziana per ospitare questa edizione. L’imponente sistema organizzativo che dovrà accogliere le oltre trentamila persone che solcheranno i lunghi corridoi sembra già mostrare alcune lacune, a partire dalle lunghe file alle quali delegati e partecipanti sono costretti a sottoporsi per acqua, caffè e cibo. Beni di conforto essenziali nelle lunghe e calde giornate egiziane che si ottengo però ad un caro prezzo, anche in termini economici.

La COP è anche questo. Perché oltre ai suddetti delegati, impegnati nelle negoziazioni, a Sharm si ritrovano attivisti, stampa e membri della società civile. Un appuntamento imperdibile per chi si occupa di clima. La gara a chi ha fatto più COP nella sua vita è sempre avvincente.

I temi

Finanza, innanzitutto. Sono in molti a sostenere che la chiave di volta di questa COP sarà proprio la definizione di un sistema finanziario internazionale in grado di supportare la mitigazione e l’adattamento ai cambiamenti climatici. Un tema, però, ha fatto breccia nelle discussioni di questa COP africana: perdite e danni. In pratica, come verranno sostenute le spese dei paesi che stanno subendo i maggiori impatti del cambiamento climatico? Un esempio su tutti. Nel padiglione del Pakistan si legge una frase che è significativa: quello che accade in Pakistan, non resta in Pakistan. A indicare che le alluvioni che stanno devastando il Paese non sono un problema solo per il Pakistan ma rappresentano il segnale evidente che il cambiamento climatico è tra noi, si fa sentire, fa male e riguarda tutti.

I paesi in via di sviluppo hanno riconosciuto come storica la scelta di mettere in agenda il tema delle perdite e dei danni, ma anche in questo caso sarà necessario definire un’infrastruttura finanziaria in grado di risarcire chi è più colpito dagli impatti dei cambiamenti climatici. Paesi che molto spesso sono anche quelli che hanno meno responsabilità dell’innalzamento delle temperature. Una speranza mitigata dai timori che questo importante risultato possa concludersi nuovamente con un nulla di fatto. Sarà importante capire se oltre all’impegno di definire tale sistema di finanziamenti, verrà posto un limite temporale per fornire un orizzonte chiaro e definito che permetterebbe di misurare il raggiungimento dei risultati. Sul tema finanza le parole più importanti sono state quelle di Mia Mottley, Primo Ministro delle Barbados che ha sostenuto la necessità di una riforma del sistema finanziario internazionale, partendo dal Fondo Monetario Internazionale e le Banche Multilaterali di Sviluppo, per trovare e indirizzare i ‘trilioni’ necessari per affrontare la sfida climatica e supportare chi ne sta subendo gli impatti più gravi.

Il primo ministro delle Barbados Mia Mottley a un recente convengo

I leader internazionali

In questi primi giorni, oltre a Mottley, si sono susseguite le dichiarazioni di molti altri Capi di Stato e di Governo, con alcuni nomi importanti, ma anche grandi assenti. Partiamo da chi non c’era: India, Russia e Cina. È evidente che visto il peso in termini di emissioni e impatto, non parliamo di assenze irrilevanti. Tuttavia, era chiaro che dopo un anno caratterizzato da una profonda crisi internazionale era difficile sperare di trovare la stessa distensione registrata lo scorso anno. Ciononostante, la COP in Africa è un’opportunità per mettere in primo piano il tema dell’impatto climatico nel continente. Occasione importate per appelli all’azione, come quello dello Zimbabwe: “dobbiamo unirci come continente e parlare con una sola voce”.

La necessità di accelerare l’introduzione delle energie rinnovabili ha occupato un posto di rilievo in molti discorsi dei leader africani, in particolare quello del Ruanda, che ha sostenuto che “il contributo più prezioso che i Paesi sviluppati possono dare è quello di ridurre le loro emissioni più velocemente, investendo con l’Africa per costruire energia verde sostenibile”.

Tra i leader è intervenuta anche la Presidente Giorgia Meloni, con un intervento nel quale ha rinnovato l’impegno dell’Italia. Meloni ha sottolineato la volontà da parte dell’Italia di fare la sua parte nella sfida climatica, sia da un punto di vista finanziario, sia nella riconferma degli obiettivi europei, in primis la riduzione del 55% delle emissioni entro il 2030. Per il Governo Italiano la transizone deve essere giusta a deve porre al centro la persona. La Presidente ha parlato anche di sicurezza energetica. Ma questo, nel Mediterraneo, può significare nuovi investimenti in gas, in netta contraddizione con l’obiettivo di creare partnership e sviluppo partendo da investimenti nelle rinnovabili, in linea con gli obiettivi climatici.

Il Mediterraneo è stato al centro di molte delle discussioni anche fuori dai negoziati. All’interno del padiglione dedicato, si stanno svolgendo numerosi incontri nei quali si sottolinea l’importanza strategica di quest’area ma anche la necessità di evitare che la risoluzione della crisi energetica passi per un incremento delle fonti fossili con investimenti che legherebbero l’area a tecnologie presto inutili e poco competitive.

Dopo la sessione con i Capi di Stato e di Governo continuano i negoziati che raggiungeranno il culmine la prossima settimana con l’arrivo dei Ministri dell’Ambiente, per l’Italia il nuovo Ministro Gilberto Pichetto Fratin.

Oltre alle negoziazioni, continueranno eventi, confronti, presentazione di rapporti, promesse e tutta l’attività della grande macchina della COP.

Nei prossimi giorni vi racconteremo gli sviluppi, con la speranza che Sharm El-Sheik possa rappresentare un importante passo avanti per l’azione climatica e non venga dimentica, o derubricata come molte, troppe COP dal 1995 ad oggi.

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