Spine, la startup che vuole coltivare il fico d’India in Kenya per creare similpelle sostenibile
Sembra pelle, è resistente e idrorepellente come la pelle, al tatto ha la stessa consistenza della pelle.
Ma in realtà è un materiale totalmente ecosostenibile e vegano – cioè esclusivamente vegetale – e derivato dal fico d’India.
Si chiama “Spine” ed è una delle startup che ha passato le selezioni dello Start Up Day dell’Università di Bologna nelle categorie Idee Emergenti & Student for Africa.
L’idea è quella di produrre similpelle coltivando il fico d’India in Kenya, paese africano con un clima adatto per le piante che fanno parte della grande famiglia dei cactus. Non una novità, già ci sono progetti che hanno portato il fico d’India nel paese africano.
La svolta consiste nel produrre similpelle a partire dalle foglie della pianta.
Questa similpelle vegetale è già commercializzata in America Latina, e funziona: ecco perché Ernesto Fabbri, studente di 23 anni del corso magistrale in Fashion studies all’Università di Bologna, ha pensato di portarla anche in Italia.
La startup prevede di utilizzare diverse parti del fico d’India per realizzare anche altri prodotti: i frutti possono essere trasformati in marmellate, e poi si pensa di mettere in vendita anche integratori e cosmetici.
“L’intero processo non genera inquinamento, è totalmente vegano e senza sprechi”, conclude Fabbri. “Non solo: una fattoria che alleva mucche in media ogni anno produce circa 15 tonnellate di CO2. Con il progetto Spine, con un campo di cactus saremo in grado di assorbire 28mila tonnellate di anidride carbonica ogni anno. Vogliamo sviluppare un’idea che sia totalmente sostenibile e che abbia il minor impatto ambientale e climatico possibile”.
L’idea di impresa consiste nella realizzazione di un prodotto con caratteristiche fisico-duttili simili alla pelle, ma senza avere un impatto sull’ambiente e sugli animali. E, nello stesso tempo, archiviando definitivamente il concetto che la similpelle si può fare anche attraverso l’uso di materiali sintetici come la plastica.
“La mia idea è nata perché mi sono reso conto che l’industria dell’abbigliamento è la seconda più inquinante al mondo dopo quella degli idrocarburi”, spiega. “In particolar modo l’industria dell’allevamento, e quindi della conceria bovina, è un grande problema. Ecco perché credo sia giusto puntare su prodotti alternativi e molto più sostenibili”.
I prodotti che possono essere realizzati con questo materiale sono gli stessi che si fanno con la pelle tradizionale. “Le caratteristiche sono pressoché identiche”, racconta Fabbri. “Si possono cucire giacche, borsette, scarpe, ma anche divani o interni d’auto”.
Il percorso di questa start up comincia con una pianta che in Italia conosciamo come fico d’India, che verrà coltivata però molto lontano, in Kenya: “Lì c’è un clima perfetto”, spiega Fabbri. “Inizieremo con il piantare i cactus in un campo: il processo è molto semplice perché è sufficiente tagliare una foglia da una pianta matura e metterla nel terreno per farne nascere un’altra”.
Queste piante sono state scelte perché sono perenni, quindi dopo i costi iniziali di impianto non necessitano di investimenti ulteriori, oltre al fatto che non richiedono l’uso di pesticidi né di un impianto di irrigazione, in quanto il cactus durante la fotosintesi è in grado di assorbire l’umidità nell’atmosfera (oltre che la CO2).
Quando le piante sono pronte, avviene la raccolta: ad essere tagliata è solo la parte matura della foglia, che dopo sarà in grado di rigenerarsi da sola nel giro di sette mesi. Si procede poi con la pulizia delle foglie, che successivamente vengono triturate: la poltiglia che ne deriva viene fatta asciugare al sole per circa un giorno e mezzo.
“Anche questo passaggio è molto importante, ed è interessante segnalare il fatto che non servono grossi macchinari, ma solamente mano d’opera e una disponibilità di un terreno per stendere l’impasto ad asciugare”, dice Fabbri.
Il prodotto ottenuto è una polvere composta dalla parte proteica e fibrosa della pianta, che viene impastata e modellata tramite agenti chimici non tossici (collanti, addensanti e resine) per arrivare al prodotto finale. È anche possibile decidere la texture, forma e colore della finta pelle che viene ottenuta.
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