Codice sorgente, quelle istruzioni che stanno cambiando il DNA del mondo
“L’open source è la soluzione che permette alle istituzioni di definire i propri standard, e non invece di farseli imporre dalle aziende che vendono il software”. A dirlo ormai qualche anno fa è stato Roberto Di Cosmo, uno dei luminari dell’open source europeo. Di Cosmo, professore di computer science all’Università Diderot di Parigi, da sempre sostiene il codice aperto, cioè accessibile a chiunque voglia vederlo, modificarlo, distribuirlo. Per semplificare il codice che fa funzionare Linux, il sistema operativo open source per eccellenza.
L’occasione di sentire Roberto di Cosmo sarà la giornata di talk e discussioni “Software Heritage, l’Archivio Universale dei Codici“, organizzata a Bologna da Enea, Università di Bologna e fondazione Ifab nella cornice del progetto Bologna Big Code Lab, il primo mirror istituzionale europeo di Software Heritage, un progetto per la creazione di un vero e proprio archivio universale del codice sorgente.
Due numeri per capirci qualcosa in più: Sotware Heritage (e di conseguenza Bologna Big Code Lab) contiene 12 miliardi di file di codice sorgente unici da circa 170 milioni di progetti in tutto il mondo.
“L’obiettivo di Software Heritage è raccogliere, conservare e rendere accessibile il software pubblicamente disponibile al mondo: come la Biblioteca di Alessandria nacque per preservare il sapere del mondo antico, questa moderna biblioteca digitale raccoglie e conserva un patrimonio espressione dell’ingegno, dell’intelligenza e della cultura dell’umanità”, spiega la ricercatrice Simonetta Pagnutti dell’Enea, una delle organizzatrici dell’evento.
Portare a Bologna una copia (mirror) del Software Heritage significa quindi creare in Europa un nuovo deposito del “big code”. Un “codice che merita di essere conservato e studiato perché rappresenta un importante patrimonio culturale”, per usare le parole di Pagnutti. Ma anche un codice che può essere sfruttato, ad esempio per fornire la “materia prima” agli algoritmi di intelligenza artificiale.
Come il codice sia diventato ormai una parte importante della nostra vita lo mostrerà anche un contest, organizzato in occasione dell’evento del 16 marzo. Di fronte a 8 celebri “pezzi di software” si potrà idealmente scegliere quale salvaguardare per i posteri. Un modo per dimostrare come il codice sia parte integrante delle nostre vite. C’è Eliza, il codice che ha realizzato il primo dialogo tra uomo e computer; il codice che ha fatto nascere Wikipedia; il primo codice in grado di battere l’occhio umano nel riconoscimento di un’immagine; e gli algoritmi di “clustering” grazie ai quali oggi Google, Netflix o Spotify sanno ciò che preferiamo. Ma c’è anche il “mi piace” di Facebook e il codice di salvaggio dell’Apollo 11.
Di tutto questo e non solo si parlerà nella giornata del 16 marzo. Previsti dibattiti e incontri che hanno coinvolto e coinvolgeranno anche le scuole del territorio. Come ospiti sono annunciati ricercatori e scienziati come il già citato Di Cosmo, Liesbeth de Mol (Cnrs Lille), Simone Martini (Ministero dei Beni Culturali), Stefano Vitali (Unibo).
Sarà possibile partecipare all’evento e seguire i seminari in presenza registrandosi (aula Giorgio Prodi, San Giovanni in Monte 2, Bologna), sia virtualmente attraverso la diretta via Youtube (link alla I Parte e alla II Parte).
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