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Così Coopfond premia le cooperative che generano impatto positivo. Intervista a Paola Bellotti

“Se una cooperativa ci dimostra di avere un impatto ambientale o sociale positivo, ed è in grado di misurarlo in maniera trasparente, allora a nostra volta noi siamo in grado di rinunciare a una parte importante della remunerazione del nostro capitale di rischio”. A parlare è Paola Bellotti di Coopfond, il fondo mutualistico delle cooperative italiane associate in Legacoop.

Parole, quelle di Bellotti, che possono essere tradotte così: quando Coopfond concede un prestito a una cooperativa, taglierà gli interessi che la stessa coop dovrà pagare per rimborsare il prestito contratto, e lo farà misurando le azioni di sostenibilità messe in campo dalla coop finanziata. Di quanto saranno tagliati gli interessi sul debito? “Fino all’1% della remunerazione del capitale. Tanto, se si pensa che Coopfond mediamente chiede remunerazioni attorno al 3%”, dice Bellotti.

Perché una scelta di questo tipo da parte di Coopfond?

Di mestiere noi di Coopfond raccogliamo risorse nel mondo cooperativo e poi le reinvestiamo con l’obiettivo di fare crescere le coop stesse. Lo facciamo da 30 anni, ma da qualche anno abbiamo deciso di fare di più: orientare la nostra strategia di investimento, il nostro portafoglio, verso la sostenibilità. 

Come può una società che si occupa di finanza essere sostenibile?

In tanti modi, una modalità è quella di premiare le imprese che vengono da noi e ci dimostrano di avere un impatto ambientale o sociale positivo. Le nostre leve sono i volumi finanziari,, il costo della finanza che mettiamo a disposizione, e le condizioni alle quali questa finanza viene erogata. E’ proprio utilizzando queste tre leve che abbiamo deciso di premiare tutte le imprese che possono dimostrare di produrre un impatto positivo sulle persone e sul pianeta.

Facciamo un esempio.

Arriva da noi una cooperativa che ha bisogno di un prestito per sviluppare un progetto capace di dare lavoro a 10 persone fragile o svantaggiate. Noi valutiamo la loro proposta e decidiamo di concedere il prestito. A questo punto, se la cooperativa sarà in grado di misurare nel corso degli anni il miglioramento della qualità delle vita di queste 10 persone, quindi se dimostrerà l’impatto che ha avuto su di loro e sulla comunità, noi potremo ridurre la remunerazione sul nostro capitale di rischio che abbiamo versato in cooperativa.

Così non rinunciate a parte dei vostri guadagni?

Riduciamo la remunerazione a fronte di un impatto positivo sul versante delle persone, che nel caso specifico saranno reintegrate con successo nel mondo del lavoro. Il rendimento finanziario minore sarà ampiamente compensato dai benefici per tutta la comunità. La nostra è una scelta di campo chiara e un segnale che diamo al mercato. Siamo convinti che le imprese che decidono di compiere la loro transizione verso la sostenibilità saranno quelle che sopravviveranno e che consentiranno al pianeta, e quindi al nostro sistema economico e sociale, di sopravvivere nel prossimo millennio. Tutto quello che le ho raccontato possiamo riassumerlo in un concetto: finanza ad impatto. Noi proviamo a metterla in pratica.

Da quando Coopfond ha scelto la via della finanza ad impatto?

Operazioni di questo tipo le stiamo sperimentando in questo esercizio di bilancio, quindi dall’ottobre 2021. Ad oggi abbiamo in cantiere 3 operazioni, mentre 5 sono in fase di istruttoria. Sono numeri importanti perché noi concediamo in media tra i 15 e i 20 finanziamenti all’anno. 

Quali sono le tre cooperative che per prime beneficeranno dei meccanismi della finanza ad impatto?

Una è WeForGreen, una cooperativa di Verona che gestisce comunità energetiche, e che si è impegnata a misurare e migliorare il proprio impatto ambientale e sociale. Poi c’è Cocif, una cooperativa romagnola specializzata in infissi e serramente che otterrà un finanziamento da 1 milione di euro creando linee di prodotti in alluminio anziché in Pvc, una scelta attenta all’ambiente perché l’alluminio si può riciclare al 100%. Infine c’è la cooperativa piemontese Anteo: con loro stiamo analizzando quali saranno le performance che misureremo in termini di impatto sociale prodotto. 

Come si misura l’impatto? 

Non c’è nessuno standard riconosciuto né obbligo di legge sul tema. Quindi noi non possiamo imporre obblighi. Quello che stiamo facendo è spingere verso una rivoluzione culturale che avrà enormi conseguenze nelle imprese, e non solo. Per noi di Coopfond la priorità del momento è quella di spingere le nostre aziende verso la gestione dell’impatto e della sostenibilità, che vuol dire iniziare a pensare che la produzione di qualsiasi cosa non può prescindere dai suoi effetti sull’ambiente e la società. Detto questo, pur mancando standard universali e vincolanti ed essendo questa una fragilità dell’architettura del sistema che stiamo creando, noi siamo in grado di valutare in maniera autonoma le performance delle aziende e capire se i dati sono stati generati in maniera affidabile e trasparente.

Vantaggi per l’ambiente, per le comunità e per le imprese. Ma quali sono i vantaggi per Coopfond? 

Il nostro modello economico di riferimento è quello della cosiddetta “economia della ciambella”: le imprese vivranno solo se sapranno stare all’interno di confini stabiliti, e cioè i limiti del pianeta e le esigenze essenziali delle persone e delle comunità. 

Non facciamo finanza ad impatto perché lo fanno altri o perché conviene di più, ma perché è il mondo che dovrebbe andare in questa direzione. Se non iniziamo a misurare il nostro impatto sulle persone e sul pianeta, il sistema non reggerà più. Già oggi non regge. Dobbiamo operare una transizione verso un modello capace di essere sostenibile e di salvare il pianeta. Parlo di emergenza climatica e sociale. Diciamo così allora: lo facciamo perché questa, la via della sostenibilità, è una strada obbligata. Non è una scelta, per noi è un dovere.

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