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Democratizzare, demercificare, disinquinare. Arriva in Italia il network #DemocratizingWork

Due giorni per far nascere #DemocratizingWork Italia e cominciare a connettere quelle realtà che vogliono ripensare il lavoro per democratizzarlo, demercificarlo e disinquinarlo.

Al centro un libro corale, dove dodici autrici approfondiscono una nuova e auspicabile prospettiva del lavoro. È Il manifesto del lavoro (Edizioni Castelvecchi), una riflessione sulla direzione che sta prendendo la nostra società a partire da una domanda: come possiamo affrontare la crisi globale e multidimensionale che stiamo attraversando?

Il sistema capitalista neoliberista basato sulla ricerca del profitto non farà che rafforzare la concentrazione della ricchezza, aggravare le disuguaglianze e devastare il nostro ecosistema. Contro lo status quo, un collettivo di scienziate sociali si è mobilitato per farsi non solo agitatore ma anche innovatore e orchestratore del cambiamento necessario, richiamando tutto il mondo accademico a offrire il proprio contributo.

Il percorso ha inizio il 16 maggio 2020, quando le ricercatrici Isabelle Ferreras, Dominique Méda e Julie Battilana diffondono in rete il manifesto #DemocratizingWork. La loro proposta è quella di uscire dalla pandemia tramite tre obiettivi fondamentali: democratizzare le imprese, demercificare il lavoro, disinquinare l’ambiente. In poche settimane il manifesto raccoglie l’adesione di quasi 7mila accademici, attivisti e esponenti della società civile in tutto il mondo. Nei mesi successivi, le promotrici del manifesto, insieme ad altre colleghe, uniscono gli sforzi in un’opera collettanea, Le manifeste travail, tradotto in portoghese, inglese e ora anche in italiano con il titolo Il manifesto del lavoro.

Il corpo che lavora è un corpo politico

“Dobbiamo esigere di governare i nostri corpi, le nostre voci. Non c’è niente di più potente e resistente di un corpo che lavora”. Sono le parole di Flavia Maximo, professoressa di diritto del lavoro all’Università Federale di Ouro Preto (Brasile) e coautrice del libro. Un corpo che lavora, secondo Maximo, è un corpo politico: ci sono corpi dominatori – corpi maschili, corpi bianchi – e corpi dominati, che scompaiono nella narrazione.

“La biopolitica è la disciplina che si occupa della gestione dei corpi”, spiega Maximo. “Sono i meccanismi del potere che decidono quali corpi contano: ci sono corpi che hanno un’immunità, e altri che sono esclusi”.

I tre principi del manifesto

È possibile combinare ragionamenti e strategie per democratizzare le imprese e demercificare il lavoro, unitamente all’idea di partire dal lavoro e dal sistema produttivo per ripensare l’ecosistema in cui viviamo e che stiamo distruggendo progressivamente? È questa la sfida del manifesto.

Partiamo dal primo principio: democratizzare le aziende. Come fare a distribuire più equamente il potere all’interno delle imprese? “Attraverso la partecipazione dei dipendenti alle decisioni strategiche”, afferma Maximo. “La sfida è che non solo i dipendenti si devono esprimere, ma devono scegliere i propri rappresentanti negli organi decisionali: le imprese sono come istituzioni politiche, con un impatto decisivo sul sistema socioeconomico. I veri investitori sono i lavoratori: sono loro che mettono in gioco il proprio tempo e i propri corpi. Senza di loro non ci sarebbe nessuna produzione, nessun servizio”.

Il secondo principio è quello di demercificare il lavoro, che parte dal presupposto che il lavoro non sia un mero bene da scambiare, perché coinvolge un corpo umano, una vita. “Secondo la teoria neoliberista, la disoccupazione è inevitabile e necessaria per il funzionamento dell’economia”, spiega Maximo. “Ma questo non è vero: la disoccupazione è una scelta politica, che provoca costi sociali altissimi, non è un danno collaterale accettabile dell’economia”.

E poi c’è il terzo principio, decarbonizzare il pianeta: “Le imprese non vanno valutate solo per la loro capacità di creare risorse finanziarie, ma per il valore sociale e ambientale che riescono a generare”, continua Maximo. “Il benessere, e non il profitto, dev’essere un indicatore chiave per misurare le performance aziendali”.

Un quarto principio: decolonizzare la regolazione del mondo del lavoro

Partendo da questi tre principi, Flavia Maximo propone di aggiungerne anche un quarto: decolonizzare la regolazione del mondo del lavoro. “Da dove vengono le principali categorie del diritto del lavoro? E come vengono applicate nei diversi contesti geopolitici?”, si chiede Maximo. “Non solo il mondo del lavoro è razzista, sessista e discriminatorio, ma la sua stessa regolazione lo è. Ecco perché dovremmo riformare il diritto del lavoro e decolonizzarlo, superando le divisioni razziali e sessuali e le disuguaglianze legalmente costituite”.

La sfida globale di #DemocratizingWork è partita e oggi c’è anche la sua espressione locale italiana che è innanzitutto un invito aperto: a unirsi alla rete e a contribuire proponendo dibattiti e iniziative. Primi punti di contatto?

Un gruppo Facebook e una mail: democratizingwork2021it@gmail.com

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