Impact 4 prosperity. Le forme giuridiche dell’impatto
Quali sono le forme giuridiche che può avere l’impatto? Come è possibile far diventare un’impresa a impatto e cosa è richiesto per mantenerla tale? Quali sono i benefici e gli oneri?
Ne abbiamo parlato nell’incontro Le forme giuridiche dell’impatto, il terzo appuntamento del ciclo “Impact 4 Prosperity”. Un modo per immaginare un business un-usual e promuovere una nuova idea di impresa capace di generare prosperità condivisa nel rispetto dei limiti ambientali e sociali.
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A parlare c’erano Luca Baccolini, professore di accounting all’Università di Bologn,a commercialista e revisore legale che da anni anni si occupa del supporto alle start-up, in particolare sugli aspetti economico-finanziari, societari e delle agevolazioni fiscali; Alessio Boceda, co-founder della società benefit Startup Geeks, la community di startup più grande d’Italia; e Pietro Ceciarini, fondatore di BackBo aps e Le Vie Coop, che segue progetti dal basso a impatto sociale e di innovazione sostenibile.
Luca Baccolini ha raccontato quali sono glistrumenti e le forme giuridiche previste nel sistema italiano che danno valore all’impatto. Innanzitutto esistono le società benefit, da non confondere con le B corp, che sono contraddistinte dal fatto di avere una certificazione di un organismo internazionale. Invece le società benefit sono imprese che soddisfano determinati requisiti:
“Per prima cosa, nell’oggetto sociale, oltre all’orientamento al profitto, viene inserito il perseguimento di un obiettivo di beneficio comune”, spiega Baccolini. “Lo scopo dunque non è solo quello di fare utili, ma c’è un’attenzione anche all’impatto di queste realtà sulla comunità e sui territori. Questo porta con sé una serie di responsabilità, soprattutto a carico degli amministratori della società benefit, che devono assicurarsi che il bilancio della loro società contenga anche una rendicontazione aggiuntiva, pubblica e trasparente, che spieghi quali sono stati i risultati nel perseguire questo obiettivo di beneficio comune. In secondo luogo, devono prevedere soggetti (interni o esterni alla società) che siano responsabili del perseguimento di questo obiettivo. Infine, devono fare attenzione a soddisfare le aspettative e non disattenderle, perché il loro operato sarà valutato in base a quello che viene messo in campo in funzione dell’obiettivo di beneficio comune”.
La seconda forma presa in considerazione sono le start up a vocazione sociale: si tratta di start up innovative che operano in tutti quei settori prerogativa delle imprese sociali, con un’attenzione concreta a generare esternalità positive verso le comunità in cui operano. “La differenza con le società benefit è che, per le start up, non è richiesto che abbiano specificato nell’oggetto sociale questa finalità ulteriore di beneficio comune”, continua Baccolini. “L’unico adempimento richiesto è quello di redigere un documento di impatto sociale, una breve rendicontazione sulle attività svolte per andare incontro alle categorie svantaggiate, ma si tratta di un documento privato”.
Infine ci sono le cooperative: “Le cooperative hanno una serie di agevolazioni, a patto che rispettino una serie di parametri”, conclude Baccolini. “La finalità ultima, in questo caso, è il vantaggio mutualistico per i soci che partecipano”.
Alessio Boceda ha spiegato come funziona la società benefit di cui è cofondatore, Start Geeks. “Il nostro obiettivo è quello di far crescere imprenditori consapevoli”, racconta. “La nostra principale attività è quella di fornire contenuti formativi, divulgativi e gratuiti tramite social e newsletter. Oltre a questo, abbiamo sviluppato servizi per i privati di supporto e di formazione, percorsi di incubazione online, ma anche di sostegno alle aziende”. L’obiettivo è sempre lo stesso: il beneficio comune. “Vogliamo incrementare la consapevolezza imprenditoriale della popolazione, per fare in modo che le persone facciano scelte ponderate con gli strumenti concreti che hanno a disposizione. Quando una persona vuole lanciare una propria attività, per partire il primo passo è formarsi bene sui vari aspetti,:è quello il punto di partenza per fare i passi giusti”.
Pietro Ceciarini ha parlato invece della forma cooperativa, che nasce mettendo al centro un concetto di solito poco valorizzato: la fiducia tra le persone. “L’obiettivo della cooperativa è raggiungere il bene comune, non solo il profitto” racconta. “Tutti collaborano per lo stesso scopo, si lavora in modo democratico, si creano relazioni, si mettono al centro le persone. Quando abbiamo aperto la cooperativa Le vie, abbiamo fatto una scelta economica ed etica allo stesso tempo”.
Secondo Ceciarini, i benefici di essere una cooperativa di comunità sono tanti. “È un modello che permette di raggiungere maggior benessere, avere relazioni invece di scambi, perseguire la giustizia sociale, sentirsi liberi perché tutti hanno investito su progetto allo stesso modo”.
Esistono però anche delle difficoltà, legate in particolare alla complessità di coinvolgere tutti i soci, soprattutto quando sono tanti. “Le distorsioni esistono”, conclude Ceciarini. “Soprattutto le grandi cooperative hanno difficoltà ad avere un flusso di informazioni veloce e trasparente. Comunque, esistono degli strumenti per distribuire il potere in modo efficace: ci sono modelli di governance alternativi, come quello della sociocrazia, che permettono una governance trasparente ed efficace attraverso soluzioni creative”.
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