Le imprese italiane scelgono la sostenibilità, ma sulla disabilità c’è ancora tanto da fare
Nelle imprese italiane la filantropia cresce, mentre due aziende su tre agiscono tenendo conto degli obiettivi di sviluppo sostenibile (SDGs) e il 67% sono impegnate in forme di volontariato aziendale.
Sono alcuni dei dati che emergono dall’analisi Corporate Giving in Italy, promossa da Dynamo Academy, impresa sociale che dal 2010 fa consulenza a imprese, istituzioni e scuole affinché possano diventare motori di bene comune e creare un impatto nelle proprie comunità, insieme al think tank multidisciplinare Sda Bocconi Sustainability Lab.
La ricerca, giunta alla quarta edizione, analizza l’impegno per il bene comune di 116 imprese medie e grandi, prendendo in considerazione gli anni 2019 e 2020. La filantropia è in aumento: nel 2019 l’incremento sull’anno precedente è stato del 4,6%, mentre nel 2020 si è registrata una crescita del 26,3%, con valori complessivi pari rispettivamente 170,1 milioni e 567,1 milioni di euro.
Gli SDGs sono considerati dal 64% delle imprese nella pianificazione delle iniziative di giving (+18% dalla precedente rilevazione), e un ulteriore 11% ha la griglia SDGs in fase di valutazione. Nel 42% dei casi le funzioni che hanno in carico i temi di sostenibilità rispondono direttamente ad amministratore delegato e top management.
“Con questa indagine vogliamo stimolare la consapevolezza dell’importanza degli investimenti nelle comunità, che devono produrre non solo un bene immediato, ma un outcome e impatto capaci di innescare un cambiamento sociale”, spiega Serena Porcari, Ceo di Dynamo Academy.
“Dalla ricerca scaturiscono benchmark utili alle imprese e agli amministratori delegati per assumere un ruolo di leadership, responsabilità e impegno”.
Tra i settori di intervento in cui le imprese hanno indirizzato i propri investimenti filantropici, nel 2019 si attestano in vetta cultura e attività ricreativa, mentre nel 2020, coerentemente con l’emergenza sanitaria, al primo posto passa il settore protezione civile, emergenza e catastrofi, seguito da sanità e salute pubblica.
Inoltre, nel 2019 il 74% delle aziende sono stati impegnate in forme di volontariato aziendale (+13% rispetto al 2018), percentuale scesa al 67,5% nel 2020.
“È ormai fuori discussione che vi sia uno stretto legame tra successo economico e progresso sociale”, afferma Francesco Perrini, docente di finanza aziendale e immobiliare e direttore scientifico del Sustainability Lab.
“Un numero crescente di imprese dimostra ogni giorno come l’investimento filantropico generi valore condiviso e abbia una ricaduta positiva anche sul business. Questa ricerca dimostra che la sostenibilità è diventata sempre più uno strumento strategico delle imprese a favore del bene comune”.
Il contesto internazionale
Oltre all’Italia, un’evoluzione si sta verificando anche all’estero: il 76% delle imprese internazionali prevede la piena integrazione dei fattori Esg (acronimo di Environmental, Social and Governance) a tutti i livelli aziendali entro i prossimi cinque anni, e il 70% registra un incremento nelle risorse allocate a progetti di diversità, equità, inclusione. La rilevazione è stata effettuata dalla ricerca Global Impact at Scale di Cecp (Chief Exectutives for Corporate Purpose), network americano di cui Dynamo Academy è partner per l’Italia.
Cecp ha analizzato le 3mila top companies mondiali in base al fatturato: dall’indagine risulta che il 51% delle imprese ha attuato nuovi interventi nelle proprie comunità, in risposta alla situazione pandemica da Covid-19, il 71% dichiara un incremento nelle risorse allocate per il futuro del lavoro, e il 58% riporta un aumento per favorire stili di vita salutari. Il valore mediano delle donazioni in favore delle comunità è cresciuto del 77%, passando da 2,8 milioni di dollari nel 2019 a 4,95 milioni di dollari nel 2020.
Le persone con disabilità o patologie rischiano di restare indietro
Tra i temi di maggior interesse c’è quello dell’inclusione delle persone con disabilità. Secondo una ricerca di Euromedia Research e Dynamo Academy sul clima aziendale in relazione a diversità, equità, inclusione, è risultato che chi soffre di una patologia o ha una disabilità vive l’ambiente lavorativo con maggiori difficoltà.
Mentre nel campione generale è il 18,6% la percentuale di coloro che nell’ultimo anno si è sentito oggetto di comportamenti o commenti discriminatori o giudicanti, la percentuale sale al 41% per chi ha una patologia o una disabilità.
La maggior parte delle discriminazioni avvengono a causa dello stato di salute (20,8%), per condizione legata alla salute psicofisica (11,4%) e disabilità (8,7%).
Tra coloro che hanno una disabilità o patologia, il 47,4% non sente valorizzate le proprie idee in azienda, il 46,3% non sente che la propria azienda sia un posto in cui esprimere il massimo del proprio potenziale; il 39,7% non si sente valorizzato come individuo e non ha trovato nel proprio contesto lavorativo gruppi che aumentano il senso di appartenenza.
Il 41% ritiene inoltre di dover lavorare più duramente per essere considerato al pari dei colleghi, e il 35,9% ha pensato di lasciare la propria azienda per episodi in cui si è sentito escluso o giudicato. Il 42,3% ritiene infine che la propria azienda non adotti programmi o azioni inerenti i temi della diversità, equità, inclusione, e nel 38,5% dei casi questi argomenti non vengono proprio trattati.
“Nel 2021 ci si aspetta da parte degli amministratori delegati e degli investitori un incremento delle azioni a sostegno di diversità, equità, inclusione”, conclude Serena Porcari.
“Il patrimonio di chi ha una disabilità comprende diversità di vedute, esperienza nella ricerca di soluzioni, capacità di adattamento, capacità di comprendere i bisogni di una fetta di mercato consistente. I risultati della ricerca mostrano che su questo terreno c’è un lavoro importante da realizzare”.
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