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Abbiamo ancora bisogno dell’Utopia?

Che fine ha fatto l’utopia oggi? Ne abbiamo ancora bisogno? 

Attorno a queste domande si è dipanato il convegno tenuto nella panoramica cornice di Villa Guastavillani sulla collina bolognese, il 22 settembre scorso.

A organizzare il momento, per festeggiare i suoi 65 anni di vita, ci ha pensato Granarolo in collaborazione con Utopia Impresa e la Rivista Pandora.  

Un’occasione, non tanto per indulgere nella memorialistica nostalgica, ma più per interrogarsi con un titolo sfidante: Ma la cooperazione è ancora utopia?

A rispondere un parterre di sociologi e filosofi da Francesco Morace che ha moderato il dibattito, a Marzia Tomasin, Fondatrice di Utopia Impresa che si è soffermata sul bisogno per le imprese di dotarsi di un nucleo utopico in grado di sorreggerne l’azione di lungo periodo; da Roberto Mordacci autore di Ritorno a Utopia fino a Maurizio Ferraris che ha parlato di come sia indispensabile per la cooperazione intercettare il capitale dei big data, che lui chiama capitale documediale.  

Sullo sfondo un libro Utopia di Thomas More che nonostante arrivi dal 1516 conserva ancora quello stile di pensiero che porta a immaginare un mondo “altro” in cui vivere bene e in armonia; in felicità è comunità, pilastri di senso del cooperativismo utopico del XIX secolo di John Stuart Mill e di Robert Owen.

Utopia concreta

Utopia pertanto non tanto come traiettoria asintotica – quell’orizzonte che si sposta sempre e che secondo lo scrittore uruguayano Eduardo Galeano “serve a camminare” – ma come opportunità concreta di cambiamento che si realizza attraverso l’immaginazione che come diceva George Bernard Shaw è l’inizio della creazione: “Le persone immaginano quello che desiderano. Poi desiderano quello che vogliono. E alla fine creano quello che vogliono”. 

Ed è quello che fecero – ha ricordato Gianpiero Calzolari – un nucleo di contadini e mezzadri delle campagne bolognesi: startupper ante litteram, che diedero  vita  nel 1957 al Consorzio Bolognese Produttori Latte, una Società Cooperativa a responsabilità limitata che oggi è il cuore del Gruppo Granarolo.

La cooperazione che ha circa due secoli di vita, ha intersecato a vario titolo traiettorie utopistiche: da quella degli utopisti socialisti prima di Rochdale, fino alla cooperazione come transizione per la fuoriuscita dal capitalismo o per la mitigazione dei suoi eccessi.  

Oggi dopo un lungo periodo (i fantastici trenta) di “realismo Keynesiano” e dopo un quarantennio di  «duro realismo neo-liberista», forse è giunto il momento di un sano e immaginifico utopismo che sappia rispondere agli scenari distopici degli ultimi anni: dalla pandemia alla guerra.

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