L’urbanistica partecipata si fa videogiocando a Minecraft. Il metodo Block by Block arriva in Italia
Il videogioco Minecraft per fare rigenerazione urbana con i ragazzini delle periferie popolari. Blocchetto dopo blocchetto, pixel dopo pixel. Mettendo nelle loro mani gli strumenti per ricostruire e ripensare la strada dove vivono, il parco che frequentano, la loro città.
Anche in Italia è sbarcato il metodo Block by Block, usato da 10 anni dall’Onu in tutto il mondo. E’ successo a Bologna dove questa estate un gruppo di ragazzini ha utilizzato il videogioco Minecraft per ridisegnare la periferia dove sono nati e vivono gran parte delle loro giornate.
Lo hanno fatto, lo dice il nome stesso del metodo, blocco dopo blocco. Perché Minecraft permette di creare e ricreare da zero mondi 3d costituiti da blocchetti, lasciando ai giocatori la possibilità di interagire online e costruire insieme qualsiasi cosa.
Un laboratorio di rigenerazione urbana che ha utilizzato come strumento uno dei videogiochi più conosciuti in assoluto – Minecraft ha registrato quest’anno oltre 160 milioni di utenti attivi -, diventato dal 2012 anche il tool usato dall’Onu per riprogettare gli spazi pubblici in tutto il mondo.
E’ successo a Nairobi in Kenya, a Mumbai in India e in altri 30 paesi. In Irlanda i bimbi hanno costruito attraverso Minecraft navi e villaggi vichinghi, un modo per avvicinarsi alla storia della loro terra. In Nuova Zelanda nelle scuole i bimbi hanno ricreato una società Māori, e imparato così la seconda lingua nazionale della loro isola assieme l’Inglese. In Kosovo Minecraft è stato invece utilizzato per riprogettare i dintorni di un ponte che segnava il punto di incontro tra due comunità in conflitto.
Ora il metodo Block by Block è arrivato per la prima volta in Italia, e a Bologna una trentina di bimbi e ragazzi tra gli 8 e i 16 anni ha ripensato completamente gli spazi pubblici attorno alle loro case popolari.
Merito del collettivo di architetti bolognesi Verso, che quest’estate ha deciso di dare vita ad un laboratorio di Minecraft per riprogettare la zona di Bologna conosciuta come Scalo-Malvasia, luogo di case popolari che il Comune ha deciso di riqualificare.
A non essere stati adeguatamente coinvolti però, a giudizio del collettivo, sono stati i ragazzi del quartiere. Bologna Block by Block ha così attivato un percorso partecipato capace di attirarli, parlare una lingua a loro conosciuta e cioè quella dei videogame, e generare come risultato finale una serie di proposte che ora saranno sottoposte all’amministrazione.
“Nel giugno 202 in collaborazione con il centro sociale Tpo e gli attivisti dell’associazione YaBasta! Bologna – ha spiegato Lorenzo Balugani del collettivo Verso – abbiamo organizzato un laboratorio di due settimane, i risultati sono stati importanti ed ora abbiamo avviato un dialogo con l’amministrazione che ci ha già aperto le porte dei suoi uffici”.
Balugani, architetto e urbanista, racconta le potenzialità di Minecraft, “un videogioco che tutti i bimbi conoscono e che permette, se usato correttamente all’interno di un percorso complessivo di rigenerazione, di mettere nelle mani di ogni cittadino strumenti di progettazione che di solito hanno solo gli architetti”.
Con il metodo Block by block, validato dall’Onu in anni di esperimenti e codificato in un manuale, il collettivo Verso ha attivato un percorso che ha permesso ai ragazzi di “pensare in modo critico e progettare assieme”.
Minecraft, spiega Balugani, “ha dato potere politico ai ragazzi”. Con una differenza importante rispetto a quanto fatto dalle Nazioni Unite in giro per il mondo. A Bologna le istituzioni non sono state coinvolte dall’inizio, l’iniziativa è nata da basso, dall’incontro tra un gruppo di architetti e un centro sociale. E ora sta bussando alle porte di chi ha le leve decisionali.
In Italia la tradizione di urbanistica partecipata fatta con i più piccoli è lunga e importante. Un esempio tra tanti è il quartiere di Coriandoline, a Correggio, provincia di Reggio Emilia. Nato nel 2008, Coriandoline è un quartiere progettato interpellando i bambini, ed è diventato un caso di studio conosciuto in tutto il mondo.
Con Minecraft l’urbanistica partecipata potrebbe fare ulteriori passi avanti proprio grazie alle potenzialità dello strumento.
La differenza tra i laboratori vecchia maniera e quel che può permettere un videogioco come Minecraft la spiega Alfredo Alietti, sociologo e professore dell’Università di Ferrara che ha seguito il laboratorio bolognese. “Anni fa si usava mettere in mano ai ragazzi una macchina fotografica” e così si provava a ripensare il quartiere, racconta Alietti che esperimenti di questo tipo li ha condotti nelle periferie di Milano. I risultati erano “sorprendenti” perché capaci di illuminare “aspetti non conosciuti dei luoghi urbani”.
Con Minecraft le cose sono migliorate, “perché lo strumento ha permesso ai ragazzi di ragionare e fare proposte su spazi che vivono tantissimo, di essere coinvolti e di partecipare con una immediatezza prima impensabile”.
“Stiamo parlando – conclude Alietti riferendosi ai minori che vivono nelle periferie italiane – di giovani che hanno un rapporto densissimo con i cortili e le strade, molto più alto dei ragazzi dei quartieri medio-alti”.
Secondo l’architetto Balugani del collettivo Verso ci sarebbe un elemento in più. “Minecraft – spiega – è uno strumento che i ragazzi padroneggiano perfettamente, e che crea un ponte comunicativo e di proposta con noi architetti.
I laboratori di urbanistica partecipata spesso usano macchine fotografiche e telecamere, ma così rischiano di stilare solo un lungo elenco dei bisogni, o di raccontare semplicemente quel che c’è in un certo luogo.
Minecraft invece permette di costruire e ricostruire un palazzo, un giardino, una strada o una fermata del bus. Di progettare facendo, e per fare e progettare richiede la collaborazione tra i videogiocatori”.
Christopher Ceresi, attivista del centro sociale Tpo e volontario di un progetto di doposcuola gestito proprio dal centro sociale bolognese, ha partecipato al laboratorio di rigenerazione urbana con Minecraft. “E’ stato un successo che ha sorpreso anche noi volontari che da anni stiamo assieme ai ragazzi del quartiere – racconta – Anche i più piccoli seguivano bene gli incontri, i grandi li aiutavano, e tutti continuavano a lavorare a casa. E’ nato un processo partecipato importante. Tramite i più piccoli e Minecraft vorremmo coinvolgere genitori e parenti, persone difficili da raggiungere con i canali tradizionali della partecipazione, e così dal basso fare un ragionamento di rigenerazione urbana su una zona con tanti problemi sociali e su cui c’è davvero molto da fare”.
Il laboratorio di quest’estate, spiega Ceresi, si è trasformato ben presto nel primo di una serie che si sta ampliando. Nelle prossime settimane partirà un nuovo laboratorio basato sull’utilizzo di Minecraft per ripensare la mobilità della zona, mentre in provincia di Bologna gli architetti del collettivo Verso sono riusciti ad “esportare” l’uso di Minecraft ad altri due Comuni, Castenaso e Calderara.
Ed è a proprio da Calderara, paese a pochi km da Bologna, che sono arrivate le sorprese. “Abbiamo trovato un gruppo di ragazzi che aveva già ricreato parte del loro paese su Minecraft – racconta Balugani – Ora ci occuperemo di ricreare virtualmente l’intero centro urbano, blocchetto dopo blocchetto. Potrà servire per mille utilizzi, per l’amministrazione così come per i ragazzi. Le possibilità sono davvero infinite”.
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