“Saremo un ponte tra ricerca e imprese”. Il direttore dell’Ifab racconta il futuro della fondazione tra big data e startup
“In Italia ci sono eccellenze nella ricerca e eccellenze nel mondo delle imprese. Spesso però manca un collegamento tra i due mondi. Ecco, noi saremo quel ponte, quel link”. A dirlo è Marco Becca, direttore dell’Ifab, la Fondazione con sede a Bologna che si occupa di big data intelligenza artificiale per lo sviluppo umano.
Becca, ingegnere, manager di lungo corso ed esperto di startup, è alla guida della fondazione voluta dalla Regione Emilia-Romagna, ma una realtà che però non ne vuole sapere di limitarsi ad una dimensione locale. L’obiettivo è quello di diventare un punto di riferimento nazionale e internazionale, grazie anche alla presenza a Bologna del Tecnopolo, destinato ad ospitare entro il 2022 una potenza di calcolo che lo porterà a competere ad armi pare con i grandi centri di supercalcolo giapponesi e statunitensi.
Becca, qual è il senso della fondazione Ifab?
Esiste un’area di mezzo tra le imprese e la ricerca che spesso è chiamata la valle delle idee morte. C’è molta letteratura che parla di questo concetto. In sintesi ci sono delle intuizioni di ricerca che non riescono ad andare oltre, magari diventano una startup ma poi si fermano lì e non riescono a scalare e ad attirare gli investimenti necessari. Noi dell’Ifab siamo convinti che l’Italia non possa permettersi questo buco nero. Bisogna colmare il gap, lavorare sul trasferimento tecnologico, creare un ponte tra mondi differenti.
Come si fa concretamente a colmare questo gap?
Abbiamo deciso in prima battuta di lavorare attraverso delle call for project, individuando filoni interessanti su cui focalizzare gli sforzi, su cui stimolare ricercatori ad essere innovativi ma senza perdere mai il punto di vista aziendale della questione. Il tutto è inserito nella prospettiva del Pnrr, le cui linee guida prevedono la nascita in Italia di 5 grandi centri nazionali, uno dei quali sarà dedicato a “simulazioni, calcolo e analisi dei dati ad alte prestazioni”. Noi siamo convinti che il Tecnopolo e tutte le realtà che vi entreranno, Ifab compresa, potrànno ambire a partecipare con ruolo importante a questo progetto.
Che tipo di realtà è l’Ifab?
Innanzitutto siamo una Fondazione di Partecipazione (e in quanto tale senza fini di lucro), nata per volontà della Regione Emilia Romagna, con soci pubblici (l’Associazione Big Data, che riunisce eccellenze della ricerca e del supercalcolo) e privati (UnipolSai, Eni, Atos, Tampieri Financial Group, Fondazione Enel e Crif). Come vedete si va dai grandissimi player industriali a gruppi di medie dimensioni. Ma il numero dei soci è destinato a crescere in futuro. E poi c’è il nostro board scientifico d’eccezione, di cui fa parte il filosofo Luciano Floridi, la presidente del Cern Counsel Ursula Rita Bassler, Alberto Sangiovanni Vincentelli dell’università di Berkley, una voce ascoltata e conosciuta in tutto il mondo come quella di Alec Ross, e tanti altri nomi di rilievo assoluto. Sono persone di grandissimo valore, che possono guidare la fondazione e le sue attività.
Che interesse ha un’azienda a diventare socia di Ifab?
E’ un tema di business, perché un’azienda che si associa è una realtà che ha bisogno di lavorare e proiettarsi verso un utilizzo sempre maggiore dei dati, utilizzando tecniche di Big Data, Intelligenza Artificiale o risorse di super calcolo; in tutti i settori ormai sono tantissime applicazioni industriali di questo tipo. Materiali, medicina, spazio, ma anche le assicurazioni hanno bisogno di sfruttare l’accesso ai dati, con la capacità di elaborarli opportunamente. C’è quindi un tema di conoscenza e talenti a cui avere accesso. Ma c’è anche un tema di sostenibilità: l’attenzione al tema è ormai altissima e i big data possono essere decisivi anche in questo.
Si parla spesso di startup, Ifab si occuperà della questione?
Le Startup sono un veicolo per superare la cosiddetta “Valle delle idee morte”, e quindi saranno molto probabilmente parte del nostro ecosistema, con modalità ancora da definirsi. Il problema qui è quello di evitare il più possibile la frammentazione dell’offerta, di mettere insieme quel che già c’è promuovendo il merito e la qualità e il coinvolgimento delle aziende più strutturate, che spesso possono avere nelle startup non una minaccia ma una opportunità. Le aziende saranno portate verso la ricerca, e la ricerca a sua volta verso le aziende.
Non c’è il rischio che operazioni come Ifab siano troppo lontane dalle esigenze della cittadinanza?
Questo è un punto importante: dobbiamo fare capire che i big data, l’intelligenza artificiale e tutto quel che ha a che fare con il super calcolo non sono questioni lontane dalla vita di tutti i giorni. Per capire e agire sulla deforestazione servono dati satellitare e la loro elaborazione, per creare nuove cure contro la leucemia serve la medicina di precisione e software in grado di seguire i team medico-scientifici nelle loro linee di ricerca; per capire come funziona il traffico servono tantissimi dati, e modelli in grado di analizzarli, visualizzarli e spiegarli.
Sono cose che riguardano tutti, prendiamo il traffico. Ifab ha di recente deciso di finanziare una ricerca che riguarda proprio il traffico extra urbano in alcune aree industriali della nostra Regione. Sarà creata una piattaforma che metterà assieme dati (provenienti da diverse fonti, quali le rilevazioni satellitari, dati provenienti dalle scatole nere delle automobili, le informazioni che già Google colleziona e mette a disposizione degli utenti di Google Maps) e strumenti per interpretarli. Tutto questo sarà utile non solo per capire come funziona la circolazione di automezzi in queste aree, ma anche per mettere le istituzioni – se lo vorranno e lo riterranno utile – in grado di prendere decisioni a partire da dati scientificamente rilevanti.
Questo è stato uno dei tre progetti vincitori della nostra ultima call for ideas a cui hanno partecipato oltre 30 progetti. Ecco questo è e sarà il nostro modo di operare. Big data e intelligenza artificiale, ma con l’idea che tutto questo dovrà essere utile per lo sviluppo umano, lo human development.