Airbnb aiuterà i rifugiati afghani. Responsabilità sociale o marketing?
“Starting today, Airbnb will begin housing 20,000 Afghan refugees globally for free”, ha scritto a fine agosto su twitter Brian Chesky, fondatore e Ceo di Airbnb, la piattaforma che si occupa di mettere in contatto persone in cerca di alloggio per brevi periodi con coloro che invece dispongono di spazi da affittare.
La compagnia si sta attivando per garantire 20 mila alloggi temporanei in tutto il mondo ai rifugiati afgani, e lo farà gratuitamente. “Siamo di fronte a una delle più grandi crisi umanitarie del nostro tempo”, ha spiegato Chesky aggiungendo di sentire la responsabilità di prendere provvedimenti per quanto in suo potere.
Secondo la Casa Bianca più di 100 mila persone sono state evacuate dall’Afghanistan dal 14 agosto 2021, il giorno prima che le truppe talebane prendessero il controllo della capitale Kabul dopo un conflitto durato 20 anni e terminato col ritiro completo delle truppe statunitensi del paese
Airbnb può contare su 4 milioni di hosts (chi affitta casa) e 900 milioni di guest (chi prende in affitto un appartamento), e ha spiegato di voler sostenere interamente il costo dell’iniziativa annunciata da Chesky, grazie anche al suo “Refugee Fund“, un fondo lanciato nel 2021 con una dotazione iniziale di 25 milioni di dollari e destinato a incrementare la sua disponibilità grazie al crowdfunding.
Non è la prima volta che Airbnb si mobilita. Azioni simili sono state messe in campo durante la crisi siriana e l’ultimo terremoto in Nepal. L’idea è nata dopo che nel 2012 più di mille newyorkesi misero a disposizione le loro case, in affitto su Airbnb, per dare ospitalità a chi ne aveva bisogno durante l’uragano Sandy.
Al di là degli annunci, cosa ha fatto Airbnb e come lo ha fatto?
Non è chiaro come Airbnb opererà concretamente per rendere effettivo il suo annuncio. Secondo il Time di Londra a inizio settembre l’azienda avrebbe garantito ospitalità temporanea a 200 afghani, un centesimo rispetto a quanto inidicato.
Secondo gli annunci ufficiali, Airbnb collabora con Airbnb.org, organizzazione no-profit definita “indipendente” dalla casa madre e fondata nel 2020. Airbnb.org si finanzia in parte con capitale proprio, in parte con attività di crowdfunding tra gli hosts di Airbnb.
Al Time Joe Gebbia, co-founder di Airbnb assieme a Chesky e presidente di Airbnb.org, ha spiegato che la decisione aziendale di aiutare i rifugiati sarebbe stata una “easy call”, una scelta facile, perché “il nostro asset chiave è la generosa comunità di host”.
Aiutare gli afghani: marketing o impegno reale?
L’annuncio di Chesky è una mossa pubblicitaria o l’applicazione da manuale dei principi della responsabilità sociale d’impresa? Riccardo Staglianò ha studiato a lungo Airbnb, e nel 2020 ha scritto per Einaudi “L’affittacamere del mondo”, un lungo reportage proprio sull’azienda e sul suo impatto sulle città.
La sua opinione è netta. “Basandomi su quanto già dichiarato in passato da Airbnb, ad esempio il superfondo da 250 milioni annunciato da Airbnb nel marzo 2020 per aiutare i suoi host senza più ospiti per colpa del covid, potrei usare direttamente le parole usate dalla Cnbc americana, che parlò di una mossa da pr, di una publicity stunt”, e cioè di un evento di marketing studiato e organizzato per aumentare il consenso verso la proprio causa.
Staglianò ricorda che Airbnb prima della pandemia era valutata attorno ai 35 miliardi di dollari, dopo la quotazione ha iniziato a veleggiare sui 100 miliardi, mentre tantissimi altre attività dell’accoglienza sono crollate. “Come sempre ogni annuncio è da verificare e sarò lieto se Airbnb farà quel che ha promesso. Per ora siamo solo nel campo del marketing, posto che Brian Cehesky sicuramente avrà personalmente a cuore la sorte dei rifugiati afghani. Ricordo infine che se Airbnb volesse avere un reale impatto positivo sulla società potrebbe fare una cosa semplice: smettere di eludere le tasse e pagare quel che deve correttamente, visto che di tasse ne paga una frazione grazie a abilissime operazioni fiscali”.
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