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“Impresa 2030. Diamoci una regolata”. La campagna per obbligare le imprese alla responsabilità

Dietro alla passata di pomodoro con cui condiamo la pasta c’è il lavoro ipersfruttato nei campi del sud Italia? O ancora: il gas o la benzina che ancora consumiamo arrivano da zone del mondo devastate dalle trivellazioni? Non dovrebbe succedere, eppure a volta è ancora così, e gli strumenti per accertarsene (e affrontare il problema) sono pochi.

Come fare? “Impresa2030, Diamoci una regolata“, è la campagna nazionale per una direttiva europea che imponga alle imprese di tutelare i diritti umani e dell’ambiente, ovunque esse operino (anche fuori Europa quindi), prevenendo qualsiasi abuso collegato direttamente alle proprie attività economiche o a quelle dei propri fornitori.

A promuovere la campagna una serie di organizzazioni non governative che da tempo si battono per i diritti umani: ActionAid Italia, Equo Garantito, Fair, Focsiv, Fondazione Finanza Etica, Human Rights International Corner (HRIC), Mani Tese, Oxfam Italia, Save the Children e WeWorld.

La campagna si propone di fare pressione sulle istituzioni italiane e dell’Ue, e per questo ha lanciato una raccolta firme a cui possono aderire singole persone o organizzazioni. L’appello verrà inviato al presidente del Consiglio italiano Mario Draghi, ad alcuni ministri, e a David Sassoli, presidente del Parlamento europeo.

La dimensione comunitaria è fondamentale: la Commissione Europea sta già lavorando al testo di una direttiva che verrà presentato entro la fine dell’anno al Parlamento europeo e al Consiglio dell’Ue e le organizzazioni promotrici spingono affinché i Ministri e gli Europarlamentari italiani sostengano “una proposta forte ed efficace, senza cedere alla pressione di quei settori industriali che si oppongono a obblighi e responsabilità chiare“.

In Europa esistono già alcune leggi nazionali che si occupano del tema, ad esempio in Germania, e proprio per questo l’Ue sta preparando una direttiva capace di armonizzare quel che già c’è e alzare l’asticella nei paesi che invece ancora non si sono attrezzati.

Sono ormai numerose le campagne gemelle nate o in fase di avvio in una decina di altri Stati membri dell’Unione Europea.

“Le imprese che fanno danni devono risponderne in tribunale, anche se quei danni sono prodotti dall’altra parte del mondo”

“Le imprese multinazionali si trovano oggi ad operare in tutto il mondo in un contesto di sostanziale impunità – dichiara Giosuè De Salvo di Mani Tese, portavoce della campagna – Molte di loro sono coinvolte in devastazioni ambientali, violazioni sistematiche dei diritti dei lavoratori e delle lavoratrici, espulsioni di popoli indigeni e sfruttamento del lavoro minorile. E’ importante che la proposta finale che sarà approvata in Europa preveda per le aziende l’obbligo di mappare rischi e impatto sociale e ambientale ovunque operano e in tutta la loro catena di fornitura – spiega Mani Tesi – Per le comunità eventualmente danneggiate servirà inoltre garantire compensazioni certe e l’accesso alla giustizia. Chi crea danni deve risponderne di fronte ad un tribunale, anche se quei danni sono prodotti dall’altra parte del mondo”.

I numeri delle imprese irresponsabili

Le organizzazioni promotrici della campagna hanno raccolto alcuni dati indicativi della situazione mondiale: sono 16 milioni le persone sottoposte a forme moderne di schiavitù lungo le filiere produttive globali; 287 i difensori dei diritti umani uccisi nel solo 2020 perché impegnati nella difesa dell’ambiente e dei popoli indigeni da iniziative economiche ad alto impatto; 20 le imprese energetiche del mondo che da sole hanno emesso il 35% dei gas climalteranti dal 1965 ad oggi.

Proprio alla luce di questi dati, è attesa una proposta di direttiva della Commissione Europea. “Si tratterà – spiegano le organizzazioni – di una norma di due diligence (dovuta diligenza), che imporrà alle imprese di adottare politiche e pratiche efficaci nel garantire che i diritti umani e gli ecosistemi non siano violati né dalle operazioni da loro direttamente intraprese, né all’interno delle catene di fornitura di cui si avvalgono a livello globale”.

Quel che succederà, una volta approvata una direttiva europea adeguata, potrebbe essere simile a quando già accaduto in Gran Bretagna, dove un tribunale di Londra ha deciso nell’estate 2021 di poter giudicare su una causa intentata da quasi 200mila cittadini brasiliani alla compagnia mineraria anglo-australiana BHP. La richiesta è stata di 7 miliardi di dollari di danni per un disastro ambientale provocato dall’azienda, probabilmente il più grande nella storia del Brasile. Altro esempio: la condanna inflitta a Shell a febbraio 2021 dalla Corte d’Appello dell’Aia, che ha giudicato il gigante del petrolio responsabile per i danni ambientali nel delta del Niger, nonostante la colpa materiale sia ascrivibile ad una sua succursale locale.

Una direttiva europea che imponga ad aziende e multinazionali di rendere conto del proprio operato potrebbe sistematizzare quando già è avvenuto in singoli casi.

Proteggi, rispetta, rimedia

L’ispirazione arriva dai Principi guida dell’Onu su imprese e diritti umani. Un documento pubblicato nel 2021 che si basa sulla triade “Protect – Respect – Remedy“: l’obbligo degli Stati di proteggere; la responsabilità delle aziende di rispettare e l’importanza dell’accesso a un rimedio, giudiziale o extragiudiziale, per coloro i quali ritengano che i loro diritti siano stati violati.

I principi Onu del 2011 hanno anche introdotto il concetto di Human Rights Due Diligence (Hrdd, tradotto “Dovuta Diligenza sui Diritti Umani“), un approccio basato sul rischio che prevede la mappatura e la gestione, tramite misure correttive, degli impatti avversi sui diritti umani causati dall’azienda lungo la propria filiera.

“La disomogeneità delle regolamentazioni nazionali delle filiere produttive contribuisce ad amplificare le disuguaglianze e le violazioni dei diritti umani e dell’ambiente in tutto il mondo – spiega Cristiano Maugeri di ActionAid – Gli esperti Onu in materia di diritti umani in visita in Italia ad ottobre 2021 hanno esortato il Governo a spezzare il circolo vizioso dello sfruttamento dei lavoratori ed a chiamare le imprese a rispondere del loro operato. Il sostegno da parte dell’Italia al processo di approvazione di una direttiva europea che obblighi le imprese a dotarsi di strumenti di salvaguardia dei diritti umani e dell’ambiente rappresenta un’opportunità unica per garantire uno sviluppo più equo e responsabile”.


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