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Mi scrive Ovidio, che suppongo sia un nom de plume, come il mio Icarus del resto, per dirmi che l’espressione “Che culo!” nel post della scorsa settimana ve la potevo risparmiare. 

Il suo appunto, garbato e propositivo per il quale lo ringrazio, non non mi sembra scaturire da pruderie lessicale. Ovidio intravede invece in quelle parole un mix di “ironia fuori luogo” e di approccio quasi da “tanto peggio tanto meglio”: quest’ultima è una interpretazione mia. 

Ma bando alle ciance. Qui sotto la lettera di Ovidio e a seguire due considerazioni mie a mo’ di risposta.

Caro Icarus,

Ma c’era davvero bisogno di chiosare con “Che culo!” (ironia fuori luogo) questi anni tremendi? 

Prova a dirlo alle giovani generazioni che hanno culo a ritrovarsi un debito colossale sulle spalle, a vedere crollare tutele che hanno caratterizzato la vita dei loro genitori, a non avere uno straccio di sicurezza sul loro futuro professionale e anche biologico vista anche l’immane crisi ambientale in cui ci troviamo. 

In questi anni non ci vedo culo e neppure sfiga che sarebbe come dire che non ci sono responsabilità. Ci vedo poca lungimiranza e non mi sento fortunato per questo.

Perché, i guai che l’uomo ha provocato erano stati previsti già 50 anni fa ad esempio col famoso Rapporto sui limiti dello sviluppo del Club di Roma. 

Caro Icaro visto che vieni dal mondo dei miti ti chiedo perchè sono state ignorate le previsioni di quei nostri nonni (e anche bisnonni) bollati spesso come Cassandre da non ascoltare?

E ti propongo: non sarebbe il caso tra le tante giornate mondiali di lanciarne una – “ il giorno della Cassandra” – in cui andare a fare letture pubbliche di testi profetici e inascoltati?

Un caro saluto 

Ovidio

Ercole Iolao e l’Idra
Incisione di Cornelis Cort (Hoorn, 1530 – Roma, 1578)

Caro Ovidio,

Mi scuso con te e con chiunque abbia trovato sconvenienti la mie parole. Provo a dire come mai mi sono uscite così. 

1 Ho paura della retorica. Tendo a esserlo e non mi piace. 

E quel “Che culo!” era un po’ la mia “pastiglia smitizzante!”. Ma anche qualcosa di più

2 Era un un invito, forse maldestro, a non piangersi addosso e non sprecare questa crisi.

Non ti ammorbo col concetto di crisi che vuol dire opportunità anche perché è una panzana e ne abbiamo piene le tasche. Ma visto che siamo nani sulle spalle di giganti proverò a risponderti salendo sul corpaccione di Nassim Taleb.

Sì sempre quello del Cigno Nero della settimana scorsa.

Ma questa volta il libro è Antifragile. Prosperare nel disordine.

É un libro che parla di come gli shock possono migliorare i sistemi e anche gli uomini.

Se vuoi un simbolo di antifragilità dal mio mondo di miti, allora ti propongo l’Idra di Lerna: tu gli tagli la testa e dal moncherino ne nascono due. Bella fatica per Ercole!

Puzza di vecchio questa immagine? 

Beh, allora ti propongo gli atleti paralimpici. 

Da Alex Zanardi a Bebe Vio, veri esempi contemporanei di antifragilità.  Chapeau!

Caro Ovidio,

non la faccio lunga. Spero di averti risposto e restituito quel “sentiment propositivo” che volevo mettere in quel “Che culo!”.

Ti ringrazio per questa conversazione che mi ha fatto riflettere e riprendere in mano Antifragile, che restituisco in segno di reciprocità attraverso alcune pillole qui sotto…

Un caro saluto e una stretta di mano (pardon di ala)

PS

Sai che è davvero buona l’idea del Giorno della Cassandra!  Letture pubbliche di testi profetici e inascoltati.

A tutti: se avete libri da suggerire scrivetemi se vi va: icarus@change-makers.cloud

Io partirei con Ivan Illich.

triade antifragile

“L’antifragilità va al di là della resilienza e della robustezza. Ciò che è resiliente resiste agli shock e rimane identico a sé stesso; l’antifragile migliora.”

“L’antifragile ama il caso e l’incertezza, il che significa anche, ed è fondamentale, che ama l’errore, o perlomeno un certo tipo di errori. L’antifragilità possiede la singolare caratteristica di consentirci di affrontare l’ignoto, di fare le cose senza comprenderle e di farle bene. Permettete che mi spinga più in là: grazie all’antifragilità siamo molto più bravi a fare che a pensare. Preferirei senz’altro essere stupido e antifragile che intelligente e fragile.”

“L’antifragilità ci fa capire meglio la fragilità. Così come non possiamo migliorare la salute senza attenuare la malattia, né accrescere il patrimonio senza prima ridurre le perdite, l’antifragilità e la fragilità rappresentano gradi diversi del medesimo spettro.”

“Dato che la robustezza perfetta non si può raggiungere, occorre un meccanismo che aiuti il sistema a rigenerarsi continuamente da solo, sfruttando eventi casuali, collassi imprevedibili, fattori di stress e volatilità anziché subirli.”

“Privare i sistemi dei fattori di stress, spesso vitali, non è necessariamente una cosa positiva, anzi, può portare un vero e proprio danno.”

“FRAGILE ROBUSTO ANTIFRAGILE Ricordatevi che il fragile vuole la tranquillità, l’antifragile cresce grazie al disordine e al robusto non importa più di tanto.”

Voi come vi sentite Fragili Robusti o Antifragili? 

Astenersi i Resilienti… Scusate, ma non ne posso più di questa parola tutta morte e resurrezione!

Per quanto mi riguarda mi sento FRAGILEAGILE.

Vi piace come concept? É pure scalabile visto che funziona anche in inglese! ˈfrajəl ˈajəl


E ha il dominio a 0,99 € + IVA ancora libero!

Per cominciare a esplorare la fragilità partirei da Eugenio Borgna e per l’agilità da Bruce Lee.

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