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2 Agosto 1980, 42 anni di lotte per ricomporre la verità

“Io sono un cacciatore di archivi senza un archivio. Sapere di poterlo mettere al sicuro a Palazzo d’Accursio è un traguardo importante”. Uno dei tanti raggiunti in oltre quarant’anni di lotte per la giustizia da Paolo Bolognesi e dall’associazione Familiari delle vittime della strage del 2 Agosto, di cui è presidente. Il Comune di Bologna ha annunciato che darà cittadinanza all’archivio dell’associazione, al secondo piano della sede municipale, dove un tempo era ospitata la collezione Morandi. Quarantadue anni dopo quel 2 agosto 1980, giorno dell’attentato di matrice fascista in cui persero la vita 85 persone e oltre 200 rimasero ferite per lo scoppio della bomba alla stazione di Bologna. “Fino ad oggi – racconta Bolognesi – l’archivio è rimasto sparso in diversi magazzini, ora potremo riordinarlo nella nuova sede”. Verrà inaugurato a settembre, sarà uno spazio di memoria, un polo didattico e di incontri. Perché “le lotte si fanno, ma si devono anche trasmettere: se credi in qualcosa, vai avanti fino alla fine”.

La storia dell’associazione dei Familiari delle vittime

La storia dell’archivio corre parallela alla storia dell’associazione e a quella di chi la costituì. “Era il marzo del 1981. Mi trovavo in Francia e stavo seguendo mio figlio per alcune operazioni agli occhi”, racconta Bolognesi, la cui vita era cambiata completamente il 2 agosto dell’anno precedente. Era di ritorno da un viaggio all’estero insieme alla moglie, quando il loro treno iniziò ad accumulare un ritardo consistente. Alla stazione di Bologna li avrebbero dovuti attendere il figlio Marco, la madre di Bolognesi e i suoceri; ma solo una volta arrivati scoprirono che non c’era nessuno ad aspettarli, perché tutti i membri della famiglia erano rimasti gravemente feriti. La suocera di Bolognesi perse la vita, mentre il figlio si dovette sottoporre a numerosi interventi negli anni successivi.

“Quella sera, in Francia, mi feci mandare i giornali italiani. Repubblica titolava che tutti erano stati assolti per la Strage di Piazza Fontana. Mi sono detto: dobbiamo fare qualcosa, dobbiamo organizzarci”. È da quel momento che, come cita l’articolo 3 dello Statuto dell’associazione, si è iniziato a cercare di “ottenere con tutte le iniziative possibili la giustizia dovuta”. Bolognesi si mise in contatto con altri familiari delle vittime, come Torquato Secci e Giorgio Gallon. “Ne parlai con loro e decidemmo di organizzare qualcosa insieme all’Assessora del Comune di Bologna, Miriam Ridolfi”, che il giorno della strage aveva coordinato i primi soccorsi dopo l’esplosione. “Abbiamo optato per l’associazione, che fu la prima in assoluto in Italia di questo tipo”.

Il corteo del 41° anniversario nel 2021

Fino a quel momento, infatti, i familiari delle stragi avvenute precedentemente in Italia non si erano mai riuniti in un’organizzazione. “Noi guardavamo alla Strage di Piazza Fontana del 12 dicembre 1969 e a tutti i depistaggi che c’erano stati, dove purtroppo anche i familiari avevano fatto la loro parte lasciandosi convincere da piste sbagliate. Pensiamo ad esempio alla pista anarchica che portò all’accusa di Pietro Valpreda”, poi assolto per insufficienza di prove nel 1987 dopo una lunga vicenda giudiziaria. “Abbiamo capito subito che non potevamo permetterci di avere un collegio di difesa non coordinato. Questo è stato il fulcro principale che ha portato alla nascita dell’associazione”.

“All’inizio, quando abbiamo fatto la prima convocazione, eravamo una cinquantina di persone. In poco tempo, il giorno della prima commemorazione del 2 agosto dell’81, eravamo già trecento”. Il primo presidente e fondatore fu Torquato Secci, che rimase in carica fino al 1996, l’anno successivo alla sentenza definitiva del 23 novembre 1995 che condannò Francesca Mambro e Giusva Fioravanti quali esecutori della strage. Dopo la sua scomparsa, a succedergli fu proprio Paolo Bolognesi. “Ancora adesso – racconta – nei processi non so bene cosa fare, io ho una formazione da ragioniere. Eppure, non c’è voluto molto a capire che alcune cose non stavano in piedi”, afferma con determinazione, riferendosi ai depistaggi e alla disinformazione che anche la vicenda della strage alla stazione di Bologna ha dovuto subire.

L’impegno dell’Unione dei familiari delle vittime per stragi

Oltre a recarsi ogni quattro mesi in Tribunale per incontrare i magistrati inquirenti e tenere alta l’attenzione sul processo, l’associazione promosse subito un’azione per “abolire per legge il segreto di Stato per le stragi di terrorismo. Abbiamo unito intorno a questa legge le associazioni che hanno costituito l’Unione dei familiari delle vittime per stragi”. Era il 6 aprile 1983, ne fanno parte le associazioni delle vittime delle stragi di piazza Fontana, piazza della Loggia e del treno Italicus. “Ci siamo uniti proprio per questo motivo: portare avanti iniziative comuni, a partire dall’abolizione del segreto di Stato. È stata questa coesione nella ricerca della verità che non ci ha mai fermato. Ovviamente anche noi abbiamo avuto i nostri problemi, abbiamo ricevuto minacce, ma siamo andati avanti anche perché avevamo al nostro fianco le altre associazioni”.

L’ultimo tassello del percorso verso la desecretazione degli atti è stato posto nel 2021 con una direttiva del presidente del Consiglio Mario Draghi, che ha predisposto la declassificazione del segreto di Stato degli atti sulla Loggia P2 e sull’organizzazione Gladio. “Dall’Unione sono scaturite anche le norme a favore dei cittadini e delle cittadine vittime del terrorismo (il cui iter di approvazione delle modifiche ha subito un arresto a causa della caduta del Governo Draghi), il reato di depistaggio… e tutto questo ha reso la nostra richiesta di giustizia e verità una richiesta del popolo. Basti pensare al fatto che ora le associazioni che chiedono giustizia e verità sono un’enormità. Nel bene e nel male, ora è normale costituire un’associazione per rivendicare giustizia e verità se qualcosa di simile accade”.

Paolo Bolognesi con Horst Mäder, familiare delle vittime del 2 agosto, nel 2019

Le commemorazioni del 42° anniversario della strage

“La verità si ricompone”, cita il manifesto del 42° anniversario della strage. Il riferimento è alla sentenza di primo grado del processo ai mandanti, il quale ha confermato che “la strage alla stazione di Bologna è stata organizzata dai vertici della loggia massonica P2, protetta dai vertici dei servizi segreti italiani, eseguita da terroristi fascisti”. La sentenza ha condannato in primo grado Paolo Bellini, ex di Avanguardia Nazionale, accusato di concorso nella strage con gli ex NAR (Nuclei Armati Rivoluzionari) Fioravanti, Mambro e Ciavardini, condannati in via definitiva, e Gilberto Cavallini in primo grado. Bolognesi anticipa che il processo d’Appello “dovrebbe iniziare a gennaio 2023 o addirittura a fine alla fine del 2022” e che “non dovrebbe essere unificato al processo d’Appello contro Gilberto Cavallini”.

Nella Giornata in memoria delle vittime di tutte le stragi del 2 agosto, oltre agli appuntamenti che tradizionalmente scandiscono la mattinata – l’incontro tra sindaco, familiari e autorità, il corteo verso la Stazione Centrale e l’intervento del Presidente dell’associazione al quale segue il minuto di silenzio in memoria delle vittime – alle 21.15 in Piazza Maggiore è prevista la proiezione del documentario Un minuto di silenzio. “Abbiamo voluto raccontare questa vicenda tragica – spiega la co-autrice Marta Pettinari – attraverso l’esperienza umana di Paolo Bolognesi, un uomo come tutti noi, ma di una determinazione incrollabile. Perché anche di fronte all’imponderabile, sono le persone che fanno la differenza, e questo lo dimostra la storia dell’associazione dei Familiari delle Vittime”.

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