Quanto ci interessa la crisi climatica?
“Ma la crisi climatica è una priorità per l’Italia?”
Questa è la domanda con cui Edo Ronchi ha aperto il suo intervento introduttivo alla terza edizione della Conferenza nazionale sul clima, organizzata da Italy for Climate, presso l’Auditorium del Museo Ara Pacis a Roma.
Secondo Ronchi l’Italia è molto esposta sul piano dei cambiamenti climatici e pertanto non dovrebbe essere tra quelle nazioni che frenano ma tra quelle che guidano il cambiamento.
Eppure, continua il presidente della Fondazione per lo sviluppo sostenibile, nel nostro Paese non abbiamo ancora una legge sul clima e non si capisce perché visto che Francia, Germania e Regno Unito ne sono dotati da tempo.
Occorrono misure sistematiche e pertanto integrate e ben finanziate, senza farsi distrarre da opzioni come il nucleare che è impraticabile, per due ragioni molto pragmatiche e tutt’altro che ideologiche.
Nucleare no grazie
Una ragione di tempo: non ci sono i tempi tecnici per realizzarle nei prossimi decisivi 10 anni; e una ragione di costi: il nucleare è 5 volte più costoso di eolico e fotovoltaico.
Dopo queste prime precisazioni Ronchi è passato a elencare i 5 punti salienti della proposta di Italy for climate.
Una vera e propria road map da percorrere convintamente. Anche perché i benefici della transizione energetica sono tanti e non solo sul piano ambientale, ha detto Francesco La Camera, Direttore generale dell’Agenzia internazionale delle fonti rinnovabili (IRENA), ma anche sociali e economici.
Vantaggi ambientali, economici e sociali della transizione energetica
“Per ogni euro investito nelle rinnovabili, secondo i calcoli di IRENA, i ritorni economici sono stimati tra i due e i cinque euro”.
Inoltre a livello occupazionale ogni milione di euro investito in rinnovabili crea tre volte più occupazione di quella generata da investimenti nei combustibili fossili.
Si parla di 12 milioni di occupati nel settore delle rinnovabili nel 2021, di cui un terzo sono donne, rispetto al solo 22% di occupazione femminile nel settore delle fossili.
E se proiettati al 2030 si stimano 85 milioni di nuovi posti di lavoro.
Sul piano degli investimenti è necessario però, aggiunge La Camera, triplicare gli investimenti, che vanno riposti in politiche olistiche e supportate da un quadro legislativo chiaro: che snellisca i processi autorizzativi, smantelli il sistema dei sussidi ai combustibili fossili e incentivi quello sulle rinnovabili.
Si tratta di azioni che l’Europa ha saldamente incardinato nel suo Green new deal e nel più recente Repower Eu, ha detto l’eurodeputata Simona Bonafè che non ha taciuto l’”incidente di percorso” della nuova tassonomia europea che ha tenuto gas e nucleare dentro l’elenco delle fonti sostenibili.
Il nonsense del gas e nucleare nella tassonomia
Un vero “nonsense logico”, visto che non si può dar vita a una tassonomia delle fonti sostenibili e poi inserirci dentro con un atto delegato della Commissione, il gas che è fonte fossile e il nucleare, che oltre ad avere problemi di tempi e costi ha anche quello enorme dello smaltimento delle scorie.
Una decisione, secondo la Bonafè, ancor più grave in quanto consentirà di emettere green bond anche per queste fonti, visto che sono dentro la tassonomia.
La mattinata si è poi tripartita lungo i tre panel previsti dalla conferenza:
- Una roadmap nazionale per accelerare la transizione
- L’informazione e il dibattito sull’energia tra falsi miti e fake news
- Rinnovabili, efficienza energetica e inclusione sociale
Qui, si sono susseguiti numerosi interventi di politici e tecnici che è possibile rivedere sui canali youtube e facebook della Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile.