La Covid Economy sta mostrando la fragilitĆ delle catene di fornitura globale. Si diffonde il caos nella catena integrata della logistica globale.
Sia a terra, ma soprattutto per mare, le merci faticano a spostarsi anche perché molte scarseggiano: dai chip che tutto muovono fino alla tanta paccottiglia inutile che ci scambiamo durante le festività natalizie.
E trema chi faceva metĆ fatturato col black friday.
Gli impatti globali sulle vite reali sono imprevedibili.
La virulenza del Covid, la sua flessione o ripartenza, gioca un ruolo analogo a quello dei mercati finanziari.
Come questi è invisibile, ma potente: può mettere in ginocchio economie e interi settori.
E c’ĆØ chi giĆ ci invita ad abituarci a un mondo “a corto di tutto”.
Anche gli economisti ammettono di non capirci granchƩ.
Provate a sentirvi Mario Deaglio (al minuto 20:30″) in un suo recente intervento ai microfoni di Tutta la cittĆ ne parla su Radio Rai 3.
“Direi che bisogna cominciare con una chiara confessione: noi economisti non sappiamo più com’ĆØ fatta l’economia”
Competizione o cooperazione?
In uno scenario del genere la Covid economy può determinare un’esasperazione della competizione portandola sui binari dell’accaparramento e dello sciacallaggio.
O alimentare nuovo forme coesive, neo-comunitarie all’insegna della cooperazione, della solidarietĆ , della reciprocitĆ .
Vedremo.
Io sto con la seconda, ma sarĆ dura. Meglio dirselo subito.
Volete un esempio tagliato con l’accetta.
Abbiamo narrato il Covid con un lessico da guerra: nemico invisibile, vaccino come arma, coprifuoco, ecc.
Ha farcito lāeloquio e lo scritto di tanti politici, giornalisti e finanche medici.
Che dovrebbero avere ben altro vocabolario: cura, premura, ricerca, scienza.
Lo so che sto svolazzando, ma secondo me, lāhomo sapiens col cervello del secolo scorso, a dispetto della sua attuale e evidente fragilitĆ , non impara.
Continua a credere di essere il vivente più evoluto al mondo.
E invece ĆØ comparso sulla terra circa 300.000 anni fa.
Praticamente un attimo fa, se lo si confronta con la storia della vita sulla Terra, che va indietro di tre miliardi e ottocento milioni di anni.
Non c’ĆØ gara tra l’evoluzione nostra e quella delle piante come da anni ci insegna Stefano Mancuso. Per dire l’equiseto c’era nel Paleozoico. lo trovavi 350 milioni di anni fa.
La guerra crea stanchezza
Ma l’Uomo si crede il Signore del mondo. Soprattutto quello bianco e maschio.
Forse per via del suo grasso e grosso encefalo che, tra l’altro, sta deflagrando da tempo se guardiamo ai dati in crescita da decenni, relativi allāuso di psicofarmaci.
CompetitivitĆ e ansia di prestazione spingono i sapiens in burnout tra le braccia di avidi life coach e nelle spire di sostanze psicotrope o antidepressive.
Risultato è il collasso mentale di un io, che cerca prestazione migliore e per farlo ingaggia una guerra civile con sé stesso in cerca di auto-ottimizzazione.
Fino a produrre una SocietĆ della stanchezza.
Giunto a questo punto la guerra non è più fonte per il linguaggio: la guerra è il linguaggio.
“Vinca il più forte” āil più bravoā, āil più meritevoleā ĆØ il primo comandamento dei sapiens.
La sua ideologia.
Lo era nella notte dei tempi e lo è ancora oggi. Di più.
Pensa all’amplificazione prodotta da una narrazione fatta per elogiare competizione, eccellenza, crescita infinita, accumulo e giochi a somma zero: āmors tua vita meaā.
Roba da XVI secolo che ancora alberga nel nostro cervello rettile.
Ricordate la pubblicitĆ di una nota bevanda energizzante negli anni ā90? Quella del leone e della gazzella che ogni giorno svegliandosi devono correre lāuno più veloce dellāaltra?
Siamo ancora figli di quella paccottiglia lƬ.
Peccato che oggi lāobiettivo vero non ĆØ vincere sullāaltro, ma sopravvivere alla sesta estinzione di massa in corso.
E dovremmo essere un tantino incazzati verso un modello di sviluppo che, per avvantaggiare pochissimi, distrugge il nostro habitat.
E questo scenario ci fa sbattere il muso, mostrandoci tutta la fragilitĆ del nostro percorso evolutivo.
Oltre 7 miliardi di sapiens rappresentano lo 0,01% della biomassa della terra.
Uno sputo: infetto.
Cambio di prospettiva
E se ribaltassimo la prospettiva?
Se fossimo noi il virus? E il coronavirus un anticorpo?
E se questa pandemia fosse, la prova generale di ben altre e più pesanti crisi in arrivo, come ci fa intuire il meme planetario scatenato dal fumettista Graeme MacKay?
Niente panico! Respira!
āSii il cambiamento che vorresti vedere nel mondo!ā
(grazie Gandhi!)
Facciamo un passo alla volta. Vuoi il primo? Eccolo:
Sei tra coloro che sono consapevoli di appartenere alla Terra o tra quelli che ritengono che il Pianeta gli appartenga?
Rilassati e dimmi, se ti va, da che parte stai.
Ti senti passeggero con servizio a bordo all inclusive? Che noia!
Oppure parte di un equipaggio, che fa la sua parte, per governare lāastronave Terra? Che avventura!
Se hai scelto la prima forse non abbiamo tanto da dirci.
Se hai scelto la seconda eccoti il passo successivo in forma di domanda.
Che gioco vuoi fare?
Ti interessa il “fattore co” o pensi che valga la legge della competizione furiosa e dell’1% della popolazione più ricca del mondo?
Che mi ricorda tanto il motto del “grande vecchio” del Gruppo TNT:
“Uno per tutti, tutto per Uno”.
Buona visione se vi va.