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Salus Space, a Bologna un progetto di abitare sociale e collaborativo

A Salus Space l’ultimo arrivato è il biolago, un bacino d’acqua che riproduce le condizioni presenti nei laghi naturali ed è in grado di autodepurarsi e ospitare una colonia di tinche, pesci che saranno poi serviti nel ristorante.

Un laghetto, un palazzo dove vivere, e poco più in là un ristorante dove lavorare e dove gustare prodotti davvero a km0.

Eccola qui la cartolina che racconta uno spaccato di Salus Space, lo spazio di convivenza e gestione collaborativa nato alla periferia di Bologna su volontà del Comune e grazie ai finanziamenti europei.

Salus Space è un grande esperimento di rigenerazione urbana, sociale, economica ed ecologica, che ha vinto il primo bando del programma europeo Uia (Urban Innovative Actions) e che ora dà una casa a 46 persone, il 70% non italiani.

Rigenerazione urbana: riqualificare le periferie, far rinascere le comunità

Un momento dei lavori di scavo per la creazione del biolago. Grazie al progetto della startup Aquaponic Design i pesci del ristorante di Salus Space saranno davvero a km0 e allevati in condizioni naturali. Foto di Federico Borella.

Cos’è Salus Space? Un luogo dove vivere assieme prima di tutto, perché le 46 persone che ci abitano hanno un loro appartamento. Ma è anche un emporio, una locanda, un ostello, un centro culturale e un luogo dove fare agricoltura urbana.

E’ stata questa la grande scommessa del Comune di Bologna quando ha deciso rigenerare un angolo della città in completo abbandono.

Come strutturare un intervento di rigenerazione urbana capace di partire dalle persone? Con un progetto aperto a tutta la città, basato su attività sostenibili, sull’innovazione sociale e sulla cultura partecipata.

Per fare tutto questo è stata creata una rete di gestione basata su un’Associazione temporanea di scopo costituita da soggetti del terzo settore capitanati dalla cooperativa sociale Eta Beta.

Uno spettacolo di danza a Salus Space. Foto di Francesco Quero.

Poi c’è stato l’investimento sul lavoro di comunità, affidato ad altre due cooperative, Cidas e Open Group, per fare in modo che gli abitanti di Salus Space fossero coinvolti il più possibile secondo un concetto semplice: più ti impegni meno paghi in termini di contributo di gestione, una sorta di affitto calmierato.

Obiettivo: fare in modo che il nuovo palazzone ricostruito con i fondi europei non si trasformasse rapidamente in un dormitorio dove le persone non si parlano e a volte nemmeno si conoscono.

“La rigenerazione urbana si fa con le persone, non con i valori immobiliari”. Intervista a Elena Granata

L’emporio di Salus Space. Foto di Federico Borella.

La comunità di abitanti si riunisce regolarmente e si autogestisce: è stato organizzato un seminario sulle forme condivise di abitare, è partito da poco un corso di italiano per aiutare tutti gli stranieri e in programma ci sono anche laboratori gioco per i bimbi.

Inoltre i grandi spazi verdi di fronte al palazzo sono stati recentemente progettati da chi a Salus space ci abita sotto la guda di un esperto. A breve arriveranno le prime panchine, ma anche strumenti sportivi per l’attività fisica all’aria aperta.

In più, per fare in modo che Salus Space dialoghi costante con la città, ci sono le attività aperte a tutti. Il sabato mattina c’è il mercato contadino e poi a mezzogiorno il concerto, mentre il primo sabato del mese c’è il mercatino del riuso.

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