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Come tutti sono nato nell’acqua. Io nel liquido amniotico di mia madre Naucrate.

Era una schiava di Minosse quando si invaghì di mio padre Dedalo.

Come tutti sono fatto perlopiù di acqua.

Come tanti sono morto in mare. Io con uno splash nell’Egeo.

Piccolo mare, figlio di un Mediterraneo che ha visto annegare tanta umanità di ieri e di oggi.

Sui corsi d’acqua si sono edificate le civiltà e le città: la civiltà degli Egizi sul Nilo, quella dei Sumeri e dei Babilonesi sui fiumi Tigri e Eufrate, quella dei Romani sul Tevere, la civiltà degli Etruschi sul fiume Po e sul Reno.

Fiume iracondo quest’ultimo, che i bolognesi riuscirono a domare e a deviare per sottrargli acqua e energia indispensabili all’industria della seta che trainò l’economia della città dal XIII al XVIII secolo.

Bagnati dall’acqua sono i porti che da sempre sono il luogo del riparo dalla furia del mare, ma anche i punti di fuga dalla miseria. Luoghi di derive e di approdi.

Luoghi da cui partire per la scoperta di mondi: da Palos per cercare le Indie e poi trovare le americhe.

Luoghi da cui salpare per creare nazioni: da Quarto per Marsala e fare l’Italia, dimenticandosi che andavano fatti anche gli italiani.

L’acqua è da sempre un potente motore geopolitico.

Ecco perché gli accessi al mare sono sempre contesi. Dal canale di Suez alla Crimea.

Ecco perché le guerre si fanno spesso per l’acqua.

E le guerre possono distruggere città e imperi. Rapidamente o lentamente.

Come l’acqua che irrompe con un maremoto o quella che sale lenta e inesorabile fino ad arrivarci alla gola. Fino a toglierci il respiro.

Si legge nell’hagakure, il codice del samurai di Yamamoto Tsunetomo:

Quando l’acqua è alta, anche la barca sale

che è molto simile all’esortazione di Friedrich Hölderlin

Là dove cresce il pericolo, cresce anche ciò che salva

Mulino in rovina Egon Schiele 1916

Sarà. E voglio crederci ancora.

Eppure, mentre leggo le toccanti Cronache dal telefono di Igort, rivedo il Mulino in rovina di Egon Schiele.

Non so se Schiele avesse visto la fine dell’impero austro-ungarico, quando nel 1916, in piena prima guerra mondiale, ha dipinto questa meraviglia.

Un anno prima, il 17 giugno si era sposato e dopo 4 giorni arruolato.

Durante la guerra gli sarà consentito dipingere, tenere un diario.

Nel 1918 mentre la guerra volge al termine, l’epidemia di spagnola si porta via, il 28 ottobre, prima sua moglie Edith, incinta di 6 mesi e tre giorni dopo Egon, a soli 28 anni.

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