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Bisogna stare nella curva.

L’ho capito tardi mentre volavo verso il sole. In linea retta.

Forzando la curvatura dello spazio e del tempo che ogni corpo ricava attorno a sé.

Che stupido!

Avrei potuto anticipare Nietzsche di secoli e dire prima di Zarathustra che “Curvo è il sentiero dell’eternità”; che “Ogni verità è curva, il tempo stesso è un circolo”.

E forse avrei anticipato anche l’intuizione di Einstein sulla curvatura dello spazio.

Oggi, sappiamo che il tempo della fisica non scorre nello spazio, ma che si impasta con esso come quarta dimensione, per restituirci un paesaggio di curve. 

Road and Rocks Edward Hopper 1962

Curve che proliferano in presenza di corpi, di masse o anche solo di energie.

In questo paesaggio di curve non abbiamo ancora  imparato a vivere insieme. 

Perché la sfida in fondo non è vivere, ma convivere, che è un po’ più difficile.

E per farlo ci serve imparare a stare nella curva. 

Per vivere ci basta  il dogma della retta.

La forza meccanica del tragitto da A a B: quello più breve, apparentemente più efficiente, ma in realtà più deficiente.

Per convivere serve sentire la curva.

Sentire l’attrito e  l’ingombro dei corpi, che sono massa. ma anche energia. Desiderio.

Desiderio da curvare per renderlo forse più impreciso, ma sicuramente più sensuale.

Dobbiamo immaginare la poesia della curva. La bellezza  della curva. 

Keith Haring Pop Shop II 1988 Serigrafia su carta, 30.5 x 38 cm © Keith Haring Foundation

Cominciando a scovarla nella letteratura di Borges e nelle linee di Keith Haring, nei tornanti di una strada di montagna o nel faggio curvato di una sedia Thonet, nella magia di un pallonetto e nelle tante forme della natura che prediligono la curva.

In natura la curva prevale: nelle foglie, nei fiori e nei semi, nei corpi, nei frutti e nelle radici. Nelle altimetrie e negli avvallamenti che una volta leggevamo con le curve di livello.

La curva è spazio tensionale attivo. Evolutivo e generativo. Produce tensioni e distensioni. Prossimità e distanza.

Stare nella curva ci consente di guardare il mondo da più prospettive.

A volte può essere più dispendioso, ma in compenso favorisce la serendipity. 

La curva mette in moto campi di forze aprendo all’ignoto, all’inedito e alle emozioni.

La retta è sempre una, mentre di curve ce ne sono infinite. 

Per questo la curva apre al molteplice e al confronto paritario in cui tutti siamo destinati a essere primus inter pares.

Per queste e tante altre ragioni più che ambire alla rettitudine, che comunque male non fa, ci servirà un nuovo imperativo morale: la curvitudine.

Pe curvare il futuro fino a chiuderlo in un cerchio che ci restituisca sostenibilità di lungo periodo.

O in uno zero che è curva anch’essa: chiusa.

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